6 maggio 2017

Scott Ian - "I'm the Man" (Da Capo Press 2014)

Dei quattro gruppi che compongono il set dei Big 4, ovvero le quattro band fondamentali che hanno fatto la storia del thrash metal, i meno amati dal sottoscritto sono senza alcun dubbio gli Anthrax. Rettifico: apprezzo molto la band di Scott Ian & Co.! Ancora oggi ascolto diversi dischi del combo newyorchese e li seguo in sede live tutte le volte che posso, ma non mi si faccia un paragone, almeno di cuore, con i Megadeth, i Metallica, gli Slayer e le altre escluse dal circolo dei 4, come Overkill ed Exodus. Gli Anthrax mi son simpatici, ma non ho mai amato alcuni loro lavori e nemmeno il loro cantante principale. Se c'è un gruppo che ha gestito male la propria carriera, anche purtroppo a causa di dissidi interni e scelte sbagliate di gestione con le loro etichette, questi sono gli Anthrax stessi! Ma procediamo con ordine...
L'autobiografia di Scott Ian, lo devo dire, è davvero bella! Diversi retroscena della band del chitarrista calvo più famoso del metal, sono narrati attraverso le sue parole. Molti fan si saranno sempre chiesto quali sono state le cause dell'allontanamento di Joey Belladonna dal gruppo, oppure perchè diversi loro dischi risultino così fiacchi e poco convincenti, oppure cosa ha portato Scott Ian ad abbandonare l'amico Dan Lilker, co-fondatore della band, già dai primi anni di carriera. In questo libro si trovano tante domande a cui viene data una risposta, ovviamente dal punto di vista personale di quello che rappresenta l'anima stessa degli Anthrax. Scott Ian sembra sincero, ma troppe volte risulta il responsabile di quella che è stata un'involuzione di una band che non è mai riuscita ad eguagliare i loro stessi amici e rivali. Gli Anthrax sono passati attraverso buoni e cattivi dischi e cambi di line up che li hanno destabilizzati dal loro interno. La sostituzione di Belladonna con il più talentuoso John Bush, uno dei singer più bravi di tutto il panorama musicale, poteva essere la soluzione vincente e l'inizio di un'immortalità sempre sfiorata ma mai raggiunta. Eppure sono riusciti a fallire dove altri avrebbero trionfato, crollando miseramente già dal secondo lavoro del loro nuovo corso. I tempi non erano favorevoli, sono d'accordo, ma gli Anthrax hanno più volte rischiato di scomparire dalla faccia del music biz, anche se prontamente resuscitati ogni qual volta qualcuno gli ha offerto al volo un'opportunità di riscatto. Scott parla della band, ma anche dei suoi numerosi problemi personali, in primis due matrimoni falliti alle spalle che gli hanno lasciato il segno ed inevitabilmente hanno influito nella sua carriera personale. Ad ogni modo il chitarrista ha fatto di tutto per tenere in alto la propria band, anche sacrificando scelte azzeccate come gli S.O.D. o alcune amicizie importanti. Oggi gli Anthrax hanno finalmente trovato il loro equilibrio, anche grazie ad una ritrovata maturità musicale, un Belladonna rigenerato e due dischi piuttosto belli. I fan li hanno perdonati, anche se alcune scelte di Ian e soci, come ad esempio sconfinare del metal-rap in tempi ancora non pronti all'evento, sono giustificate in funzione di una ricerca del diverso, del seguire i propri istinti e le loro passioni.
La parte migliore del libro si ha quando Scott racconta numerosi aneddoti sulla band e soprattutto sui suoi colleghi musicisti con cui ha avuto la fortuna di condividere tour e bus, oltre ad amicizie di ogni tipo. Al Jourgensen dei Ministry, Rob Zombie, Ozzy, Dave Mustaine e gli stessi Metallica, i Public Enemy, passando per la morte di Cliff Burton e di Dimebag Darrell: la lista è piuttosto lunga.
Ad oggi il libro è reperibile solo in edizione in lingua originale, perciò chi volesse cimentarsi in questa lettura, scoprire tutti i segreti di una leggenda del metal, deve per forza avere una'infarinatura di inglese come il sottoscritto, che, pur con tutti i suoi limiti e il suo inglese da sopravvivenza, fa di tutto per non tralasciare nessuna memoria dei suoi eroi.

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